martedì, gennaio 30, 2007

Un grande cabalista.




Più ci penso e più me ne convinco: Freud è stato l'ultimo grande cabalista conosciuto, il più recente e originale maestro della tradizione ebraica - come Abulafia, come Luria, come Nachmanide - colui che è stato capace di tradurre la cabala in linguaggio e concezioni moderne, scientiste, senza mai veramente deformarla o tradirla. Assurdo? Troppo azzardato? Si, può darsi. Però è un'idea intrigante, almeno per me, e non è del tutto peregrina: analisi dei sogni, dei lapsus - quindi delle parole, dei numeri, delle lettere... non è questa la forma mentis tipica dell'ebreo cabalista? Forse non è cabala perché l'obiettivo dichiarato è la psicanalisi, e non il classico "tikkun", la reintegrazione, l'unione con Dio? Però il risultato della terapia psicanalitica è comunque una sorta di integrazione, di restaurazione di una unità principiale, di un senso di completezza analogo - per quanto possibile - alla integrazione fra realtà (il mondo assiahnico della cabala) e interiorità, cioè l'esperienza primaria dell'unione con il corpo della madre, all'inteno dell'utero (mondo archetipale, atziluthico). E la presunta o reale "monomania" con la quale Freud faceva della Teoria della Sessualità la sua unica e principale bandiera, il suo assunto di base, non è forse una sorta di "monoteismo"? Già Jung, profondamente ariano, ha una concezione psicologica molto più articolata e cangiante - oserei dire politeista, dove il Pleroma, l'Unità, risulta dalle infinite differenziazioni e non da una granitica mono-tematicità: e forse proprio qui sta la maggiore diversità fra i due geni della psicologia. Non dico che Freud fosse un cabalista intenzionale, anche se fu sempre molto vicino alle Logge Ebraiche: sarebbe davvero pretendere troppo. Però lo fu nella sostanza, probabilmente suo malgrado, proprio perché profondamente - direi "geneticamente", ebreo. E' per questo che credo sia molto interessante cercare di trovare nelle teorie freudiane i concetti cabalistici da cui potrebbero originare o con i quali potrebbero avere una relazione.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Condivido molti aspetti della visione junghiana della pscicologia.
L'individuazione è meta che passa attraverso la molteplicità di aspetti che devono essere integrati dal processo autoconoscitivo.
Il Selbst è quell'unità in divenire.

Anonimo ha detto...

Rileggendo...
Non credo di trovarmi d'accordo con la tua visione "politeista" della concezione junghiana della personalità...
L'obiettivo dell'analisi analitica è quello di reintegrare aspetti sconosciuti, inconsapevoli, inconsci, alla parte conscia presistente.
La meta è l'individuazione, il raggiungimento del Se' cme unità psichica, che non è altro che il "centro in continuo divenire della pesonalità"...
I molteplici aspetti, in relazione alla funzione ultima del processo individuativo, debbono essere continuamente "sintetizzati" per costituire l'Unità, quel Se' di cui sopra.
La visione junghiana passa per il molteplice, ma per trasformarlo e integrarlo nell'Unità della personalità.

Almeno, così ho interpretato l'approccio alla psicologia-pcicoterapia analitica...

Maurizio ha detto...

Caro Giuseppe, sono d'accordo su quanto dici, e credevo di avervi accennato nel mio post: intendevo dire che l'unità di Jung risulta da una visione molto differenziata e molteplice, mentre Freud tende ad una idea più statica o, perlomeno, monotematica, "monoteista". Jung arriva ad una unitarietà onnicomprensiva attraverso l'emersione del molteplice, degli archetipi, dei simboli. Il suo è un "politeismo" perché riconosce gli infiniti fattori nei quali si manifestano la libido e l'inconscio stesso. Al tempo stesso egli riconosce un Pleroma, una unità fondamentale della psiche. Freud potrebbe dirsi monoteista per la sua interpretazione "pansessualista". Naturalmente si tratta di schematizzazioni per comprendere o descrivere un concetto. La realtà, e il pensiero dei due autori in esame, sono certamente più sfumati e complessi.

Anonimo ha detto...

Avevo letto focalizzando una parte del tuo discorso.
Mi son accorto che, in effetti, già il concetto che usi di Pleroma costituisce già un nucleo significante di per se'....

Posso chiederti come ti sei accostato a Jung e alla psicologia in generale?...

Ciao, Giuseppe

Maurizio ha detto...

Caro Giuseppe, scusa il ritardo nel risponderti: non avevo notato la tua ulteriore notazione. Mi fai una domanda alla quale non so bene cosa replicare, perché non credo di riuscire a rintracciare un momento preciso nel quale mi sono accostato alla psicologia: diciamo che fin dall'adolescenza certe tematiche mi hanno fortemente attratto - anche per ciò che riguarda il mistero, l'esoterismo, le religioni e le tecniche orientali. Jung invece mi ha tenuto tanta compagnia mentre facevo il servizio militare, durante il CAR: lessi allora per la prima volta il suo libro "Sogni, ricordi e riflessioni". :-)

Anonimo ha detto...

Su Freud e la psicanalisi devo putroppo fortemente dissentire.Rène Guènon ha scritto pagine eccelse sul fenomeno psicanalitico. La via sacra e tradizionale dell'erotismo , che eleva spiritualmente , è lontana dalla sessualità come vista e concepita dalla scuola di pensiero del dr.Freud Roberto Minichini

Maurizio ha detto...

Conosco il pensiero di Guenon, come anche di Evola e - in genere - dei "tradizionalisti" sulla psicologia e la psicanalisi. In sintesi queste "scienze" (che i tradizionalisti sono inclini a definire pseudo-scienze) sarebbero un prodotto dell'attuale "era della quantità" e il relativo studio della psiche sarebbe anche pericoloso oltre che distorto, perché tendente a mescolare elementi "bassi" con quelli "alti" dell'interiorità e senza alcuna vera discriminazione. Ai tradizionalisti rispondo che le loro argomentazioni non sono prive di senso, e che bisogna senz'altro considerarle. Però ogni "era", secondo me, ha i suoi pregi. Quello principale della nostra è che bisogna ritrovare nell'intimo ciò che precedentemente era imposto da autorità religiose o filosofiche. Credo che la psicologia in genere possa avere il merito, oltre agli eventuali demeriti e imperfezioni, di ridonare all'uomo moderno il senso della ricerca nei territori della psiche.